Enemy (Film)


Enemy di Dennis Villeneuve (Canada-Spagna,2013)

Durata : 90 minuti – Genere : Mystery, Thriller

– Il caos è l’ordine non ancora decifrato – cit. –
Diretto da Denis Villeneuve e tratto dal romanzo “L’uomo duplicato” di José Saramago (che ne firma il soggetto), ENEMY dimostra come il denaro dei grandi produttori non valga NULLA rispetto alla potenza e alla grandiosità delle idee. Recitato da un Jake Gyllenhaal straordinario (anche se devo dire che le performance di questo attore siano per me sempre di gran livello), il film, arguto e misterioso, parte da un presupposto (a dir poco) intrigante: un professore di storia scopre l’esistenza di un proprio doppio nella città in cui vive. Il resto scopritelo da soli ma sappiate che lo svolgimento della trama seppur minimale sarà capace di avvolgervi come la più calda delle coperte invernali sebbene lo sguardo lucido e freddo dell’autore indaghi in maniera molto razionale sulle vicende e le psicologie dei personaggi. Dulcis in fundo (è proprio il caso di dirlo) un finale semplicemente fantastico che, tra l’altro, mi ha inquietato molto. Si respira in tutta l’opera un’atmosfera tipicamente kafkiana e, in alcuni tratti, il modo di girare del canadese Villeneuve mi ha ricordato quello di Cronenberg, sebbene, è importante precisare che, si tratta solo di riferimenti vaghi, in quanto l’opera in questione è pervasa da una costante aurea di originalità. Il film, tra l’altro, transita costantemente nella zona dell’ambiguità e questo ha scatenato sulla rete tutta una serie di riflessioni e spiegazioni sul suo reale significato. Vedi per esempio qui (dopo aver visto il film ovviamente): bloh


Il film comunque NON E’ STATO DISTRIBUITO IN ITALIA, cosa che mi ha trasformato nel Benigni di “Berlinguer Ti Voglio Bene” https://www.youtube.com/watch?v=CeiR6Q2Yonk
Comunque, trovate il film in rete solo sottotitolato in italiano sebbene sia bello sentire la voce originale del protagonista. Io purtroppo ho visionato una versione da streaming DAVVERO pessima che spesso mostrava i pixel, per cui, non mi posso pronunciare sulla qualità fotografica del film. Vorrei chiudere questo post con questa bellissima recensione, di un tale NOODLES98 trovata su filmtv, e che vi consiglio di leggere sempre DOPO aver visto il film, anticipandovi che, alla domanda che si pone il recensore, io rispondo senza “sì ENEMY è un piccolo grande capolavoro del cinema moderno”. “Oso o non oso? Già lo scorso anno, il canadese Denis Villeneuve ci aveva regalato quella perla che era Prisoners, progetto monumentale per durata (più di due ore e mezza) e ampiezza della storia e dei temi trattati (si andava dalla pazzia alla giustizia privata, passando per la crudeltà dell’uomo e lo sgretolarsi di un nucleo famigliare). Ora è tornato con un progetto più piccolo e circoscritto. Una storia quasi intimista, un “documentario sul subconscio di un uomo”, a detta del regista, un film corto (non arriva all’ora e mezza) e incisivo, ambiguo e inquietante. Perciò, oso o non oso? Sì, perché Enemy potrebbe essere un capolavoro del cinema moderno, uno di quei film che tra vent’anni si studieranno ancora. E perché si tratta di un capolavoro? Perché ha tutto dentro di sè, tutto ciò che può fare di un film, un grande film: un attore protagonista (Gyllenhaal, in un doppio ruolo) in stato di grazia, un storia avvincente e terrificante, una regia più che ottima e un finale agghiacciante. La discesa negli inferi (e perciò nella mente de(i)l protagonist(i)a) è affrontata con lentezza disarmante, con inquadrature che danno tempo allo spettatore di contemplarne la bellezza e la fotografia che vira continuamente al giallo, ma mai noiosa o a discapito della storia. Che non si tratti di un film tradizionale, lo capiamo subito dall’onirica sequenza iniziale: un gruppo di uomini in un sex club (tra cui uno dei due Gyllenhaal, che non riusciamo subito ad identificare) che osservano una donna nuda che sta per schiacciare una tarantola. Tarantola che rivedremo camminare tranquillamente sopra Toronto, mentre i fili del tram formano un’enorme ragnatela, e che si ritirerà spaventata nell’ultima, terribile, immagine. Non c’è una spiegazione finale, non c’è un’intuizione geniale che chiude il film, e non sarebbe neanche giusto se ce ne fosse una. Tutti i dubbi rimangono allo spettatore, che deve fare i conti con se stesso (come il protagonista del film) per arrivare a una conclusione. Lo stesso Villeneuve si è dichiarato favorevole al fatto che ognuno ci possa vedere ciò che vuole nella sua pellicola. Perciò, potremmo essere razionali e pensare ad un banale scambio di culla, oppure essere più aperti all’eterno flusso di immagini statiche e non che il film ci offre e restarne affascinati, non pensando ad una spiegazione razionale.


Come nel miglior Lynch di Strade Perdute, siamo davanti ad un’opera che pone domande, ma non dà risposte, come solo i più grandi riescono a fare. Che cosa significano i ragni che vagano per la metropoli? Come mai i due personaggi sono identici non solamente per caratteri ereditari (hanno in comune anche una cicatrice)? Perché la moglie del “secondo-Jake” è così sconvolta dall’aver incontrato un clone di suo marito? E perché la stessa moglie si trasforma in un ragno spaventato nel finale? Perché, come ha detto lo stesso regista, siamo completamente immersi nella mente di una persona disturbata. Una persona che vive due vite disparate, una persona bipolare. Non esiste un altro Jake, sei sempre tu. E il nostro enemy (=nemico) è noi stessi. E il film è questo: il confronto diretto che si trasforma in una lotta tra le due anime di un uomo. Anime che con l’avanzare della pellicola non riusciamo più a distinugere, finché si uniscono in un tutt’uno durante l’incontro con la madre Isabella Rossellini, al quale segue la suggestiva scena della camminata pacata della tarantola. Jake si sente prigioniero delle donne. E le donne sono i ragni predatori che mangiano l’uomo dopo essersi accoppiate con esso. E siamo messi davanti a una sequela di immagini che richiamano i ragni e, soprattutto, le ragnatele (come i già citati fili del tram o il finestrino rotto). Il protagonista si ritrova davanti al suo più grande nemico, se stesso, e cerca di eliminarlo, e quando finalmente nel finale ci riesce, ricade nella tentazione del sex club dove l’abbiamo visto all’inizio, e così la moglie riacquista sembianze di ragno, ma di un ragno spaventato (se non terrorizzato) da Jake, che rivesta i panni della donna assassina di tarantole della sequenza iniziale. Lui è l’assassino di tarantole. E’ lui che non riesce ad avere un rapporto stabile con nessuna delle sue due donne. E’ lui che ha strappato la foto di sua moglie incinta per non accettare le sue responsabilità di marito. Ed è sempre lui che, in sogno, vede figure femminili con teste di aracnide. E i titoli di coda fulminei e ironici, che scorrono sulle uniche inquadrature veramente soleggiate dell’intero film, non ci danno neanche il tempo di assimilare ottanta minuti di Viaggio Allucinante. Il professore dice che “ogni errore, nel corso della storia, si ripete due volte”, ed è così che farà lui stesso, quando si ritroverà con la chiave del sex club in mano. Almeno, questa è l’opinione personale che mi sono fatto in merito.
Se Enemy sia o non sia un capolavoro, ce lo dirà solo il tempo. Ma nel frattempo, siamo certi di essere davanti ad un grandissimo film di uno dei registi più promettenti e visivamente geniali degli ultimi tempi”.

Alfonso Balzano

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Dopo aver visto l’ottimo “Prisoners”, ho preso visione di questo altro thriller psicologico dello stesso regista… che dire, è un film difficile da commentare, concettuale, onirico, simbolico. Cast ottimo, ancora una volta, e fotografia gelida, stupenda. In una Toronto grigia e nebbiosa un professore di storia e filosofia conduce un’esistenza piatta e poco soddisfacente, turbata da strani sogni notturni. Un giorno, guardando un film, si imbatte in una comparsa identica a lui. Lo cerca, lo trova, ed inizia il vortice di follia che conduce ad un finale interpretabile in più modi, molto difficile. Una scelta azzardata, ma una lettura psicanalitica e simbolica renderà il film un piccolo capolavoro. Mettete da parte le pretese di linearità, preparatevi a una rottura dello schema, in cui l’irrisolto – che può dar fastidio altrove – qui diventa esercizio di immaginazione e capacità intuitiva. Un film che pretende moltissimo dallo spettatore, che volutamente disorienta. Secondo me da vedere assolutamente. Successive visioni possono contribuire a chiarire le zone oscure. Non si tratta di buchi di sceneggiatura, ma di scelte precise e anche motivate, a posteriori. Consigliatissimo!

Claudio Maruccchi

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Enemy: film angoscioso con un finale sconcertante. Tutto da decifrare, tutto da capire, tutto da ripercorrere. Il tema del doppio e della spersonalizzazione è al centro del film, ma alla prima visione mille domande restano senza le mille risposte. Voto astenuto, per ora. Ma sa di enorme presa per il culo.

Fulvio Petri