Ritual (Film)

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RITUAL di Mickey Keating (USA, 2013) – Durata: 89′ – Genere: Horror

RECENSIONE DI UNA RECENSIONE
Ebbene sì, stavolta più che esprimere direttamente il mio giudizio sul film, ho pensato di commentare una recensione trovata in rete su di un famoso portale.
SE DA UN LATO, sono sempre più convinto dell’importanza della relatività dei giudizi, che possono legittimamente variare da persona e persona, e anche per la stessa persona a seconda del momento/luogo/stato d/animo in cui si vede il film, DALL’ALTRO non posso accettare incondizionatamente il concetto di DE GUSTIBUS, perchè ogni giudizio va motivato in maniera razionale e coerente. Venendo meno questi fattori, viene meno il senso e la validità di un parere.
ATTENZIONE CONTIENE SPOILER (x colpa della rece di origine)

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RECENSIONE (REC.): “La grave colpa di Ritual, non comunque giustificabile dall’evidente budget risicato, è quella di possedere una struttura complessiva debolissima”.
ALF: “Non è vero. La trama è semplice ma la struttura della sceneggiatura invece gode di una serie di trovate molto interessanti che danno forza alla struttura”.

REC.: “Mickey Keating cerca di risolvere i mille problemi di una storia molto banale sul piano delle suggestioni perturbanti allungando i tempi di molte sequenze, prima fra tutte quella iniziale che riprende in notturna l’asfalto della strada provinciale sui cui corre l’automobile di Tom, marito della giovane e avvenente Lovely che lo attende in uno sperduto motel nel South Texas. Sulle prime lo spettatore non capisce perché si indugi per cosí lungo tempo sull’inquadatura di una strada di notte, ma tale mistero si dipana nel corso del girato, quando si comincia a intuire che Keating tenta semplicemente di porre rimedio alla vacuità dello script, diluendo metodicamente il brodo con l’acqua di sequenze superflue”.
ALF: Ma come si possono scrivere cose simili? L’inquadratura iniziale che il recensore trova lunghissima è invece secondo il mio punto di vista/gusto GENIALE ma voglio andare oltre, per evitare il confronto tra gusti.
La tc inquadra con un lungo piano sequenza un furgone da dietro. PRIMA SCELTA-COMPOSIZIONE: inquadratura in campo non ravvicinato in modo tale da lasciare la strada in primo piano e il furgone sullo sfondo, allo scopo di tenere lo spettatore lontano dal mezzo in movimento. SECONDO SCELTA-TEMPO: il tempo è dilatato in funzione dalla scena precedente (scena 1), completamente staccata da questa, e ha la funzione di porre lo spettatore in uno stato di ansia crescente, grazie alla musica di sottofondo crescente. TERZA SCELTA-OGGETTO DI RIPRESA: la genialità è insita nel fatto che la TC continua a percorrere la strada buia ANCHE QUANDO il furgone esce di campo prendendo una strada laterale.

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REC.:”Come interpretare altrimenti l’inizio del videotape che i due protagonisti trovano nel bagaglio del furgone dell’uomo assassinato? Qui non siamo neanche dalle parti di un’inserzione ad hoc di un segmento mockumentaristico, ma del tentativo, solo ipocrita nei confronti del malcapitato spettatore, di creare un finto climax, finzione che per l’appunto si auto smaschera dopo pochi minuti”.
ALF: “Ma PERCHE’ ipocrita? E’ una scelta narrativa!
Perchè finto climax? Il video ha PROPRIO questa funzione!!

REC.: “Alla fine del misterioso video vediamo cioè solo lunghi, infiniti, estenuanti giri di pellicola in cui non si scorge nulla, per poi intravedere i soliti teschi di bovini defunti, i soliti (stracotti) coltellacci sacrificali, le solite (inutili) candele accese, e non ci é concesso neppure di assistere all’uccisione della vittima, quand’anche fosse al limite posta in un evocativo fuoricampo”.
ALF: NO e anche se fosse? L’uccisione E’ POSTA IN UN EVOCATIVO FUORICAMPO. La scelta del regista è VOLUTAMENTE anti-gore ma cio’ non significa che sia INEFFICACE.

REC.: “Ritual rasenta quindi il genere kitch e soprattutto non imprime nessuna nuova impronta alla cinematografia di genere, anzi, ne appare una banale, grottesca caricatura”.
ALF: “MA NON E’ AFFATTO VERO: se un autore ricalca VOLUTAMENTE alcuni stilemi tipici di un genere come il thriller, NON SIGNIFICA che dia luogo a kitch o caricature. RITUAL è un thriller, classicissimo ma pur sempre un thriller a tutto tondo”.

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REC.: “Tutta la prima parte del film horror è inoltre molto confusa: non sappiamo mai dove il regista desideri condurci. Si tratta di una home invasion? Di un rape & revange? Di un film su qualche setta satanica dedita a riti mortiferi?”
ALF: “Questa considerazione è giusta ma iniziata in maniera infelice perchè non si tratta di un’indecisione ma di una precisa scelta registica, allo scopo effettivo e voluto di nascondere allo spettatore in che direzione si sviluppi la storia

REC.: “Al posto di condurre lo script verso una chiarificazione di questi legittimi dubbi, Keating non sa fare altro che inchiodarci per 40 minuti buoni all’interno della stanza di uno squallidissimo motel della provincia americana, obbligandoci a continui primi piani dei due protagonisti i cui dialoghi possiedono lo spessore di una lisca di pesce essiccata al sole del Texas”.
ALF:”Trattandosi di un film indipendente a basso budget, magari gli attori non hanno tutto questo spessore e non sono neanche interpreti straordinari, ma la scelta di casting si può considerare quantomeno accettabile e i due attori sono perfettamente in parte.
La critica sui 40 minuti è inaccettabile perchè mette in discussione scelte narrative personali dello sceneggiatore/regista”.

REC.: “Il montaggio roboticamente rigido di Valerie Krulfeifer, aumenta il fastidio dello spettatore, che non vede l’ora che accada un qualcosa, qualsiasi cosa, pur di riaccendere la scintilla della propria curiosità che col passare del minutaggio sente diventare sempre piú flebile”.
ALF:”QUESTO SIGNIFICA esprimere giudizi senza cognizione di causa. Montaggio robotico rigido? Perchè il montatore secondo il recensore ha il diritto autonomo di fare scelte di montaggio diverse? E poi se il montaggio fosse così rigido, il flashback iniziale ripreso successivamente che tipo di montaggio identificherebbe?”

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REC.: “Noiosa e presuntuosa nel suo tentativo di generare pathos perturbante attraverso giravolte di sceneggiatura improbabili (vedi la dimenticanza dell’accendino nella stanza del motel che costringe Tom a tornare indietro dopo la fuga dal motel), la pellicola si fa ben presto dimenticare, o ricordare come una specie di video amatoriale fatto per divertimento dai nostri cugini durante il pranzo di Natale a casa della zia”.
ALF: “AHAHAHAHAH. A parte la boutade finale, perchè mai una svolta di narrazione dovrebbe rappresentare una giravolta di sceneggiatura? L’accendino è la “CONDITIO SINE QUA NON” affinchè la storia vada avanti altrimenti il film sarebbe finito subito”.

REC.: “Il prefinale, nel quale domina il buio della notte (nel senso che proprio non si vede cosa stia accadendo, ma a quel punto della storia non ce ne può di meno importare) e il finale (privo di qualsiasi spunto esteticamente degno di nota) sono coerenti e isomorfi alla vuotaggine complessiva cui rimanda l’intera pellicola.
ALF: “A parte l’utilizzo forzato del termine “isomorfo”, considerare
finale e prefinale e quindi l’intero film vuoto significa, in ultima analisi, svalutare l’intero genere di appartenenza del film. INOLTRE, il prefinale è brillantemente dominato dal buio della notte (così come accadrà in CARNAGE PARK, film successivo dell’autore e quindi precisa scelta stilistica) mentre il finale NON SI PUO’ considerare privo di spunti estetici interessanti solo perchè vengono mostrati filmati estrapolati dal riprese in stile found footage”.

REC.:”Ritual, film davvero discutibile e da evitare con cura”.
ALF:”Thriller dalla struttura classica, ma girato con stile personale, con un’idea precisa della gestione delle inquadrature e dalla sapiente costruzione dei momenti di tensione”.

Alfonso Balzano