The green inferno (Film)

The green inferno di Eli Roth (Usa, 2013) – Durata: 100′ – Genere: Horror

La giovane studentessa Justine si aggrega al gruppo di ambientalisti capitanati dall’ambiguo ed affascinante Alejandro, e con loro si reca nella foresta amazzonica al fine di salvare un villaggio di indigeni. Ma non tutto è come sembra, e l’imprevisto è in agguato.
Di questo film è stato detto e scritto di tutto, e spesso onestamente a sproposito. Partendo dal presupposto che il sottoscritto non ha mai visto Cannibal Holocaust, pilastro del genere diretto da Ruggero Deodato, non farò confronti.

Questo film di Eli Roth è comunque un omaggio al vecchio genere cannibalico che furoreggio’ fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80: il canovaccio è sempre quello, e questa pellicola non lesina su truculenze di vario tipo, per cui il cultore dello splatter rimane più che soddisfatto.
Il cast, riciclato da altre pellicole in cui è coinvolto sempre Roth (Aftershock e Knock Knock) e capitanato dalla di lui consorte Lorenza Izzo (insipida come poche), fa quello che può, e l’unico nome “di richiamo” che è Richard Burgi ha un ruolo di puro contorno. 
Attacchi di dissenteria e masturbazioni fuori contesto punteggiano l’operato degli indigeni, cannibali famelici, tra urla di ogni tipo e la supervisione della capo villaggio, davvero disgustosa a vedersi. Avevo deciso di far passare il clamore attorno a questa discussa pellicola prima di visionarla, poi per puro caso, mi sono ritrovato da solo a casa e il film sulla pen disk, per cui come si dice…. l’occasione fa l’uomo ladro Emoticon wink. Dunque, ho così tante cose da dire che faccio fatica a metterle nel giusto ordine, per cui prendete questo post come un monologo un po’ a casaccio. La premessa importante è che non vorrei limitarmi al “mi è piaciuto/non mi è piaciuto” sia perchè questo film sono sicuro dividerà nettamente in due il pubblico tra detrattori ed estimatori e sia perchè la pellicola ha destato molto clamore, per cui. di conseguenza, posso capire chi sia rimasto deluso dalle elevate aspettative derivanti da questo clamore.

Però riflettete su di una cosa: quale altro film oggi riesce a trascinarsi dietro tutto questo putiferio? E questo mi porta alla prima considerazione che riguarda Eli Roth, il tizio raffigurato nell’immagine n. 5 di questo post. Guardatelo bene: Roth ha una faccia (scusatemi la volgarità) di caxxo. E’ un autore che non riesce fare maledettamente a meno della sua fottuta ironia. Questo a volte è stato un bene, pensiamo a “Cabin Fever” e alla folle ironia che lo pervade e che lo ha reso così atipico; molte altre volte rappresenta invece il punto debole dei suoi film. Giusto per dire, adoro “Bastardi senza gloria” ma la presenza di Roth (come attore) in quella parte mi da davvero sui nervi, cioè è’ troppo caricaturale rispetto al tono già pericolosamente sbilanciato scelto da Tarantino. Eli Roth però è anche una persona intelligente, che riesce sempre a far parlare di se e dei suoi film, con abilissime campagne di marketing. Questo aspetto del suo carattere però lo lascio alla vostra interpretazione: per alcuni sarà solo astuzia fine a se stessa, per altri, capacità di creare hype intorno alle proprie opere, come nessun altro è capace di fare oggigiorno. E questo mi porta a pormi un’altra domanda: l’omaggio a Deodato sarà stato sincero in quanto reale estimatore dei suoi film o è solo un modo per aumentare l’hype, percorrendo un po’ la strada tracciata spesso in precedenza dal succitato Tarantino? Anche perchè, all’inizio girava voce che questo film fosse il remake di “Cannibal Holocaust”. Poi i giornalisti hanno parlato semplicemente di un omaggio. PRECISIAMO che questo film NON HA NULLA A CHE FARE con il capolavoro di Deodato, sia come qualità (il film italiano è considerato universalmente come uno dei capostipiti del genere e non solo) sia come trama e sceneggiatura. The green inferno è più che altro un omaggio all’intero genere “cannibal movie”. La cosa che mi puzza è come se io girassi un film sui vampiri e ostentassi l’omaggio a Tod Browning. Per questo mi sembra davvero una mossa unicamente commerciale, ma ripeto, la genuinità reale di questa scelta la può conoscere solo Roth stesso.

DOPO QUESTA LUNGHISSIMA PREMESSA però vorrei spendere due parole anche sul film. Come anticipavo, capisco chi non lo abbia apprezzato, per le aspettative iniziali create da Roth ma credo che una valutazione lucida potrà essere effettuata solo nel tempo e comunque non credo sia giusto entrare nel merito delle valutazioni altrui. Io ho apprezzato il film NEL SUO COMPLESSO, nonostante alcuni punti in cui la maledetta ironia del regista non può fare a meno di trapelare dalle immagini o dalla storia. Però non posso fare a meno di aver apprezzato molto il racconto. Il prologo nella sua semplicità, in appena 17 minuti, ci da una perfetta descrizione della protagonista, sullo sfondo di una sempre magnifica e riconoscibilissima New York. Ho apprezzato la scelta dell’attrice principale, un po’ meno dei comprimari (il gruppo degli attivisti), moltissimo la scelta dei componenti della tribu’, il cui trucco così caricato sul rosso è di un’efficacia innegabile, ho gradito infine un po’ meno la caratterizzazione del capo donna della tribu’ e del guerriero nero. In generale, comunque, il tono scelto per la fotografia, dai colori così vividi e saturi per me è risultata vincente. Riguardo le scene splatter della cui esiguità in molti si sono lamentati dico che, a me quelle che ci sono, sono giuste e realizzate benissimo (dai soliti bravissimi KNB). Inoltre, ho apprezzato l’idea di Roth di osare sulle immagini ordinarie, tipo riprendere il pene del tizio che urina nella foresta, ai limiti della censura. Quello che ho apprezzato maggiormente però è il senso della storia che, da un lato, contiene un paradosso intelligente (chi protesta contro il sistema si ritrova per puro caso a sperare che il sistema lo tiri fuori da guai) e dall’altro non concede sconti a nessun personaggio, tutti alla fine tratteggiati negativamente o quanto meno con decisioni altamente criticabili. Anche i colpi di scena pilotati o intuibili (che non riporto per motivi di spoiler) per me sono stati interessanti. In ultima analisi, un film molto chiacchierato dal quale molti si aspettavo chissà quali orrori o quali svolte nella storia, ma che nella sostanza riesce a parlare in maniera intelligente delle società odierne caratterizzate da forti conflittualità e dalla presenza dell’essere umano incapace di riuscire a trovare soluzioni realmente efficaci ai problemi esistenti. Ovviamente l’analisi che il film effettua è ad un livello puramente superficiale, ma non possiamo negare che Eli Roth già in Hostel era riuscito nell’intento di indagare sugli aspetti più estremi e marci delle moderne società capitalistiche. E ‘ questo a Roth NESSUNO glielo può togliere. Ecco perchè lo reputo autore di grande intelligenza. Concludo citando infine, due aspetti della storia che devo coprire con SPOILER, per rispetto di chi non ha ancora visto il film, ovvero: 1) la presenza di tre scene (tendenzialmente) stupide, che purtroppo abbassano la qualità generale del film; 2) il triplo finale……..

SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER

1) LE SCENE STUPIDE
a) il tizio che si masturba nella gabbia è avvilente. Non capisco come possa essere venuto in mente a Roth di inserire una scena così squallida e idiota. L’unico motivo ancora una volta credo sia quello di far parlare del film. Il problema non è tanto l’atto in se quanto i dialoghi, ai limiti della denuncia
b) la tizia in gabbia con gli altri che ha la necessità di defecare perchè colta da diarrea. L’idea in generale è ottima e MOLTO REALISTICA. Forse nel montaggio sarebbe stato meglio evitare i bambini indigeni che si tappano il naso
e che ridono. Però ripeto lo spunto era buono.
c) il fatto di far bruciare l’erba è veramente caricaturale. Sappiamo benissimo che una tale quantità e tra l’altro inalata in quel modo non potrebbe mai causare un rimbecillimento totale del villaggio. Mi rendo conto che Roth cercava una soluzione alternativa per far scappare i tizi dalla gabbia ma questa scena è davvero poco credibile per poter essere realmente apprezzata
2) I FINALI
a) il primo finale è molto bello: la tizia scappa e viene salvata grazie all’espediente dello streaming. Mi è piaciuta molto anche la sua scelta cattiva di non salvare il tizio in gabbia
b) il secondo finale è interessante perchè getta una luce negativa sulla protagonista che nega tutta l’esperienza che ha vissuto pur di seguire i suoi ideali, anche se nella realtà mi chiedo se una cosa del genere potrebbe davvero accadere. Mi spiego: se i cannibali avessero mangiato i miei amici non so fino a che punto avrei negato la loro esistenza pur di preservare la foresta
c) il terzo finale è veramente ASSURDO, RIDICOLO, INUTILE e solo finalizzato (scusate il gioco di parole) alla realizzazione di un seguito (come del resto già annunciato).

Alfonso Balzano

IN BREVE

Di questo film è stato detto e scritto di tutto, e spesso onestamente a sproposito. Partendo dal presupposto che il sottoscritto non ha mai visto Cannibal Holocaust, pilastro del genere diretto da Ruggero Deodato, non farò confronti.
Questo film di Eli Roth è comunque un omaggio al vecchio genere cannibalico che furoreggio’ fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80: il canovaccio è sempre quello, e questa pellicola non lesina su truculenze di vario tipo, per cui il cultore dello splatter rimane più che soddisfatto.
Il cast, riciclato da altre pellicole in cui è coinvolto sempre Roth (Aftershock e Knock Knock) e capitanato dalla di lui consorte Lorenza Izzo (insipida come poche), fa quello che può, e l’unico nome “di richiamo” che è Richard Burgi ha un ruolo di puro contorno.
Attacchi di dissenteria e masturbazioni fuori contesto punteggiano l’operato degli indigeni, cannibali famelici, tra urla di ogni tipo e la supervisione della capo villaggio, davvero disgustosa a vedersi.

Nunzio Castellano

***

Quando lo vidi al cinema mi sono divertito ma ogni volta che ci ripenso l’opinione cala. E’un po’troppo facilone nella storia e l’ironia non è sempre efficace secondo me e spesso scade nel grottesco (ma sembra che Roth ci sguazzi su queste cose). Il momento “sega” è forse un omaggio a “Ultimo mondo perduto” ma, mentre su quest’ultimo il momento è drammatico/poetico, su GI sembra forzato per far rimanere il pubblico allibito. Gli esempi fatti da Gionatan sono anch’essi sulla stessa linea… PS: anche le formiche sono un omaggio allo stesso film.

Dario Menace Vicariotto

***

“E’ un autore che non riesce fare maledettamente a meno della sua fottuta ironia. Questo a volte è stato un bene, pensiamo a “Cabin Fever”. Per il resto, concordo con le osservazioni di Alfonso Balzano. Un film comunque che potrebbe benissimo andar scordato nel tempo eh… ma se stan x far un seguito, ne dubito -.- un 6 e mezzo dai…

Gionatan Marra

***

Ho sempre considerato Roth un regista assai sopravvalutato (anche un po’ paraculo), e questo ” The green inferno” non fa eccezione. Tralasciando la recitazione scadente e i personaggi assai stereotipati, la cosa che mi ha dato particolarmente fastidio é quella maledetta patina digitale che toglie violenza e realismo alla messa in scena. I cannibal movie italiani sono lontani anni luce.

Denis Di Nicolò

***

Pensavo molto peggio. E diviso in 2 parti distinte, scene e battute stupide a iosa, la parte bella i paesaggi, il make-up con effetti speciali a opera di Nicotero….. finale con premonizione di un seguito a quanto pare per il 2018. Il capo indigeno credevo fosse un’uomo

Tarzan Cristian Baldassarri